Dei delitti e delle pene


Incipit del Libro Tercio "De Maleficii"


           Immaginiamo di avere una macchina del tempo e di intraprendere un viaggio nella S.Agata Ferrarese: se un nostro contemporaneo decidesse di "infiltrarsi" tra i suoi concittadini di cinquecento anni fa, che trattamento riceverebbe nel caso si trovasse coinvolto in un delitto? A parità di crimine commesso, la pena che gli verrebbe inflitta, sarebbe maggiore o minore di quella che subirebbe oggi?

           Il terzo libro degli Statuti, infatti, si occupa di determinare le pene di natura sia economica che corporale per i reati commessi contro le persone e le proprietà.

           Nel corso del post, dunque, esamineremo l'iter burocratico al quale erano sottoposti i criminali - dall'accusa formale alla pena - così come era stato definito nella legislazione estense.

        Per accusare una persona di maleficio - termine che indicava genericamente un crimine - era necessario rivolgersi a Misser lo Vichario solemnamente con un'accusa in scripto, jurando in sue Mane non accusare calumniosamente e che si era pronti a sostenere l'accusa fino al verdetto finale.

         Il Vicario, in base ai suoi compiti (suo mero officio) aveva la facoltà di procedere anche per inquisizione ovvero senza un'accusa formale, ma per notifica del Massaro. Costui, infatti, aveva l'obbligo di denunciare a Misser lo Vichario tutti li maleficii comissi nel Territorio di Santagata in termine de cinque giorni. Bisognava precisare la qualità del delitto specificando inoltre loco et confine dove he stato perpetrato, et mese del delicto.
        Se il delinquente di un delitto lieve si fosse presentato senza protestare al bancho de la rasone poteva essere rilasciato sotto sicurità (garanzia); se però il crimine del quale si era macchiato era più grave, sarebbe stato incarcerato in attesa del "processo": al criminale erano concessi tri dì per cercare di difendersi. Trascorso questo tempo si procedeva a dare tormento (tortura):  sarebbe stato il Vicario a giudicare - in carico della conscienzia sua - se il livello di tortura era adeguato o se dovesse essere  incrementato.
       Per poter procedere ad una condanna a morte, il Vicario doveva non solo ottenere il permesso (licentia) del magnifico Commissario di Lugo, ma doveva anche essere in possesso di indicii sufficienti a torquere, diversamente egli stesso sarebbe stato costretto a pagare una multa di cinquanta libbre in moneta.

      Vediamo pertanto come venivano puniti a Sant'Agata, durante tutta l'età moderna, i crimini più comuni, e verosimilmente diffusi.

          Chi provocava ulnera (feriva) con arme (lanza, spada, cultella, bastone, saxo, eccetera) senza arrivare allo spargimento di sangue, veniva sanzionato per un ammontare di 5 libbre in moneta per ogni percossa. La pena pecuniaria aumentava in caso di ferite gravi (cavato l'occhio, moro il naso), distinguendo tra ferite dal collo in suso (al volto) e ferite nel tronco, addome o arti: un'aggravante, in caso di aggressione, era considerato l'insulto.
Veniva punito duramente, in termini di sanzioni in denaro, un aggressore che avesse morso l'avversario al volto fino a staccargli il naso (debilitazione del naso) o chi pigliarà alcuno per li Capilli, o ancora  chi spingeva qualcuno a terra, provocando un trauma.
Il paragrafo dedicato a questo tipo di ingiurie è estremamente articolato e dettagliato, sottolineando come scontri violenti tra privati cittadini fossero frequenti all'epoca.

           In caso di omicidio (quello che amazarà un altro), o di morte come conseguenza di azioni violente (on per le ferite morà), la punizione consisteva nella decapitazione, per mano dell'ufficiale incaricato dal Duca. In aggiunta, la metà dei beni dell'omicida sarebbe stata sottratta agli eredi ed applicata alla Camera Ducale, quindi ceduta al Duca di Ferrara.

         All'epoca in cui furono emanati gli Statuti, l'offesa verbale era ritenuta un affronto sanzionabile. Pertanto, inveire contro qualcuno, affibiandogli appellativi poco piacevoli - e ancora oggi facilmente riconoscibili - quali ladro, traditore, becho (cornuto), tu fustu scoato (sei già stato punito a colpi di scopa per un crimine che hai commesso), falsario, fiolo della Putana, tu menti per la gola  - comportava l'ammenda di libre tre moneta.
             Il trattamento riservato ai bestemmiatori, era del tutto simile: Cadauno che biastemi Dio on la Vergine Maria sia punito in libre cinque moneta; multa ridotta per i Santi (libre 3), in qualche modo assimilati a dei comuni mortali. 

           A coloro che avessero prodotto falso testimonio o produrà qualche Scriptura pubblica falsa cada a la pena medema a che doveria essere punito quello contra chi produce il falso: in sostanza, ai calunniatori sarebbe spettata la medesima pena riservata a coloro che avessero ingiustamente accusato; in caso di notai mendaci, oltre al pagamento di cento libbre, si procedeva alla radiazione dall'ordine (per lo advenire non possa fare più Instrumento alcuno e sia infame).

          La pena riservata ai piromani (se alcuno bruserà dolosamente) era la decapitazione (li sia tagliato il capo); in caso di incendio non doloso, avvenuto come conseguenza di un incidente, il colpevole avrebbe dovuto pagare un'ammenda di venticinque libbre in moneta, oltre a farsi carico del risarcimento dei danni: sia obligato a sostifare il damno a quello tale di chi era la casa et la roba.

          Tornando al nostro ipotetico viaggiatore nel tempo, vale la pena ricordargli come all'epoca, le pene riservate ai ladri fossero estremamente severe.
In caso di furto in casa (quello che ruberà), commesso per la prima volta e per una refurtiva di valore inferiore a quaranta soldi, il ladro avrebbe dovuto ricompensare il quadruplo (quatroplo) della cifra.
In caso di somma superiore, il ladro veniva scopato per tutta la terra: si trattava di una punizione corporale infamante e umiliante che consisteva nel bastonare pubblicamente il colpevole con il manico della scopa.
Per il secondo furto veniva tagliata una orecchia tuta da capo; per il terzo, se di valore inferiore a cinque lire, alla mozzatura dell'orecchio si aggiungeva la fustigazione; se la somma fosse stata superiore, il malfattore veniva impicato perla gola sinche l'anima se parti dal corpo.
In caso di rapine perpetrate in guisa di agguato in luogo pubblico (in suso la strada violentemente), qualora il valore della refurtiva non superasse le cinque lire, il ladro era condannato a tre tratti di corda e alla restituzione del mal tolto; se la somma era superiore, veniva impicato per la gola talmente che mora.
Si deduce come il possesso di beni materiali fosse tenuto in grandissima considerazione dalla società preindustriale: a chiunque cercasse di appropriarsi di denaro e oggetti di valore per mezzo di un'azione violenta e illegale, veniva riservato un trattamento che fungesse da monito ad eventuali imitatori. La ricchezza pertanto era un privilegio ereditato o acquisito con il lavoro, non con l'inganno e la truffa.

           Per quanto concerne la sfera della sessualità, non stupisce come l'adulterio fosse a senso unico: era considerato reato soltanto quello femminile, commesso volontariamente dalla moglie: in questo caso la sua dote sarebbe andata interamente al marito; l'amante, viceversa, non sarebbe stato punito.
Non andava meglio a chi si trovasse coinvolto in vicio sodomicho con putto maschio (omosessualità): il "peccatore" sarebbe stato brusà et arso vivo.
          Gli stupratori, invece, venivano "solamente" condannati alla fustigazione e al risarcimento della vittima con metà dei loro beni, dal momento che si ritenevano crimini poco frequenti: item che ne son pochi che struparano Virgine on Veduve de honesta vita.
          Al nostro 'incauto' viaggiatore suggeriamo di adeguarsi agli usi e ai costumi del tempo...

         Il trattamento riservato ai complici (se alcuno darà consio o favore o agliuto) si risolveva con una pena pecuniaria e corporale pari a quella inflitta all'esecutore materiale, a prescindere dalle intenzioni più o meno delittuose del correo.
         A chi avesse offerto asilo a condannati o banditi (se alcuno sientemente recepta alcuno condemnato in criminale a pena de sangue o cadauno banito) l'ammenda inflitta era di venticinque lire, a meno che il protetto non fosse un parente, nel qual caso il Vicario poteva mostrarsi clemente.
      
        Il Diritto estense prevedeva dei casi per i quali le pene potevano essere ridotte o, al contrario, aumentate:
        Se alcuno dei maleficii qui descripti serà comesso nanti Misser lo Vichario, o de nocte, o ne la Gesia (chiesa), o il dì de Sancta Agatha, o subto la Porta dove e la Torre, o in la festa del primo de la Natività de Misser Gesù Christo, de la Resurrectione, cada il delinquente nella pena duplicata.

      Se il delinquente spontaneamente confesserà delicto, debba essere remesso il quarto de la condemnatione (gli si condoni un quarto della condanna) e simelmente, se innanti la sententia condemnatoria  provarà la pace facta cum l'altra parte, o cum dui Testimonj se ge deba remettere un altro quarto (gli si può condonare un altro quarto se arriverà alla sentenza già rappacificato con il contendente).

         Il Vicario aveva l'obbligo di terminare la causa entro due mesi dall'inizio della pratica, pena un'ammenda monetaria anche per lui: Volemo ancora che Misser lo Vichario deba avere finita, et spazata cadauna causa criminale in termini de due Mesi utili [...] dal dì de la prima citatione  [...] et non lo faciando Misser lo Vichario cada in pena de libre dece moneta aplicando a la Camara Ducale.
 
         Quando a commettere un crimine erano i figlioli di famiglia, potevano essere giudicati e puniti anche senza auctorità et licentia del padre, solo una volta che avessero compiuto quattordici anni.   Qualora si trattasse di una pena pecuniaria, non si poteva eseguire la condanna sui beni di famiglia, se non dopo la morte del padre stesso: non je se possa execuire la condemnatione in li beni del Padre domente che dicto padre vive.

         Non era permesso giocare d'azzardo (nè a dati, nè a carte), considerati giochi prohibiti. Era concessa la semplice partita a carte o a scachi in famiglia. Per i trasgressori, la pena era di soldi quaranta per ogni volta che se giocarà. La pena veniva dimezzata per coloro che denunciavano il fatto o confessavano subito davanti al Vicario la loro colpa.



Bibliografia
Armanda Capucci, Statuto della Terra di Sant'Agata. Libri IV-1487, Lugo, Walberti Edizioni, 2001

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