Prevenire è meglio che curare

            Prima di affrontare nel dettaglio il processo di restauro che è stato condotto nei due esemplari di Statuti della Terra di Sant’Agata, ritengo sia opportuno soffermarsi sul concetto di conservazione e prevenzione applicato ai beni documentali e librari.

Statuto membranaceo prima del restauro

          Per citare Antonella Salvi (Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna) “La nozione di conservazione implica una fondamentale distinzione fra il restauro, intervento curativo che riporta l’opera a una rinnovata integrità e la conservazione preventiva, intesa come l’insieme delle azioni e attenzioni che allontanano i processi di degrado dell’opera.


Statuto membranaceo dopo il restauro

    

             Per quanto paradossale possa sembrare, infatti, il libro può essere considerato come un essere vivente: esso infatti prende vita nel momento in cui viene scritto o stampato, vive tutte le volte che viene letto, consultato e sfogliato da più mani e da più persone. Fino ad ammalarsi e a morire: questo accade quando le carte, o gli altri elementi costitutivi del libro, subiscono danni tali da renderne impossibile la fruizione e la trasmissione del contenuto.


Esempio di pigmenti rossi, violetti e azzurri usati nella copia membranacea
        

       Per spiegare come questo possa avvenire, dobbiamo innanzitutto chiarire come alla base della maggior parte dei materiali che costituiscono il libro vi sia la cellulosa*.

      Inoltre non bisogna dimenticare il fatto che le pagine di un manoscritto sono vergate con inchiostri di origine vegetale o animale come l’inchiostro metallogallico ottenuto grazie alla reazione chimica tra i tannini della noce di galla e i sali del solfato di ferro; oppure il nerofumo, prodotto dalla combustione incompleta dal carbone; o la porpora, che si ricava da un mollusco marino; e ancora diversi pigmenti minerali o vegetali utilizzati nei capilettera e nelle miniature.

       I fascicoli dei quali è composto il libro, inoltre, sono tenuti assieme da fili di lino o cotone cuciti attorno a supporti quali la canapa o la pelle allumata.
La legatura stessa, infine, può essere rivestita in pelle, pergamena, velluto, cartoncino, o altri materiali ancora, secondo l'estro, il gusto e la disponibilità economica del committente.

            Con il passare del tempo, il libro subisce delle modifiche che innescano un processo di invecchiamento naturale di per sè inarrestabile e irreversibile.
Compito della conservazione e della prevenzione è quello di ridurre al minimo il suddetto processo di deterioramento dei materiali: tale processo, infatti, viene catalizzato dalla fluttuazione dei valori di temperatura ed umidità relativa presenti in un ambiente chiuso; per ottenere questo risultato, pertanto, risulta fondamentale mantenere un determinato microclima negli ambienti dediti alla conservazione: più la temperatura è elevata - e le variazioni giornaliere e annuali sono rilevanti - più aumentano i rischi di degrado.
La temperatura ideale per una corretta conservazione del libro è compresa tra 14 e i 20 gradi centigradi, mentre l’umidità relativa non dovrebbe superare il 50-60%: salta all’occhio come le condizioni ottimali per il materiale archivistico e librario non coincidano con quelle a cui siamo abituati quotidianamente, negli ambienti di lavoro.

               Ne consegue che i costi energetici ed ambientali da sostenere per il mantenimento di un ottimale microclima all’interno delle sale espositive cresceranno con il diminuire delle prestazioni degli edifici deputati alla conservazione: tanto meno l’ambiente sarà ermetico ed isolato dal punto di vista termico tanto più aumenteranno i costi di condizionamento attivo.

             Essendo la carta, la pergamena e la pelle materiali altamente igroscopici, risulta evidente come un elevato tasso di umidità possa creare le condizioni idonee perché abbiano luogo delle alterazioni biologiche, quali la proliferazione di muffe, la propagazione di insetti carticoli**, o la deformazione di carte e il deterioramento delle legature.

Esempio di danni causati dall'umidità nella copia cartacea

           Al contrario se l’umidità scende sensibilmente al di sotto del 50% assisteremo ad una drastica disidratazione dei materiali costitutivi del libro e alla perdita di elasticità degli stessi: i punti più soggetti a trazione diventeranno tanto più fragili quanto più saranno sottoposti all’uso, fino alla drastica rottura degli snodi, con conseguente distacco dei piatti della coperta***.

             Ma non è finita: l’interazione con l’ambiente fa sí che la cellulosa vada incontro ad un processo di ossidazione qualora vi sia un’eccessiva esposizione del supporto ai raggi ultravioletti. L’effetto ‘estetico’ (ma in realtà molto più intrinseco che apparente) più evidente sarà la colorazione giallastra/bruna che assumeranno le carte, determinata da un diverso grado di assorbimento della luce delle catene di cellulosa cosí degradate.
Pertanto, la luce artificiale in una sala di lettura o espositiva dovrebbe essere diffusa, schermata e mai diretta e comunque non superiore ai 50 lux, mentre l’illuminazione di una sala di conservazione dovrebbe essere assente.

            Per quanto riguarda il tema dell’acidità**** della carta, gli studiosi hanno constatato come il suo pH ottimale dovrebbe essere compreso in un intervallo tra 7.5 e 10*****: vedremo come nella fase di restauro vero e proprio, qualora necessario, verrà eseguito un trattamento di deacidificazione, che mira a ridurre l’acidità presente nel supporto - solubile - e a lasciare una ‘riserva alcalina’ per neutralizzare l’acidità futura.

             L’acidità eccessiva, infatti, è responsabile di una maggiore fragilità delle carte, le quali tenderanno ad essere meno resistenti, fino a strapparsi e a lacerarsi ogni qualvolta verranno maneggiate; gli inchiostri acidi, come quelli metallogallici, tenderanno a trasferirsi (offset) da una pagina all’altra provocando addirittura la perforazione della carta, con conseguente perdita di supporto e di contenuto.

Esempio di perforazione causata da inchiostro metallogallico
        
       
          Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che una scorretta posizione dei libri sugli scaffali può provocare veri e propri traumi, spesso irreversibili se non si interviene con un appropriato restauro: lacerazioni e deformazioni della legatura, indebolimento della cucitura, strappi lungo i margini delle carte,eccetera.        

Piatto posteriore della copia membranacea, prima del restauro
       

        A queste trasformazioni lente e progressive che si sommano nel tempo, qualora l’ambiente di conservazione non sia ottimale, vanno ad aggiungersi altri fattori quali incidenti improvvisi, catastrofi oppure usi impropi.

           Se la conservazione, dunque, avesse come principale finalità quella di tramandare un testo, la migliore operazione conservativa consisterebbe in una campagna a tappeto di riproduzione digitale di tutti i libri antichi. Ma l’oggetto dell’attività conservativa non è soltanto il testo.
L’oggetto da conservare è una testimonianza complessa del passato, della tecnologia e della cultura che ne ha reso possibile la creazione.
All’interno dei libri sono disseminate valenze archeologiche e codicologiche più o meno palesi che possono fungere da spunti per originali ricerche: come ha brillantemente sintetizzato Marilena Maniaci “conoscere esattamente come è stato fatto un codice è difatti condizione necessaria per preservarlo rispettandone la struttura originaria, e cioè evitando di sottoporla a pratiche di restauro “invasivo” - che si rivelano di fatto sempre distruttive e pertanto non storicamente giustificate”.

            Il concetto di conservazione da applicare al libro antico può apparire semplice, quasi intuitivo, in realtà non è affatto così.
Innanzitutto il libro, a differenza di un manufatto museale, di una scultura o di un dipinto, è interattivo: per coglierne il significato e il contenuto è necessario maneggiarlo (con cura!), sfogliarlo e consultarlo, non è sufficiente ‘ammirarlo’; inoltre, trattandosi di un oggetto tridimensionale, è soggetto a meccaniche che, una volta compromesse o indebolite, ne potrebbero limitare la fruizione e quindi la valenza storica.
Citando nuovamente Antonella Salvi “I beni culturali non resistono al tempo, la consistenza materica e il loro aspetto esteriore cambiano e si alterano. Si trasforma lentamente anche il messaggio di quesi segni del passato giunti fino a noi, poiché nessun valore resta immutato in relazione alle modificate sensibilità e ai differenti contesti culturali”.

            In definitiva,  la conservazione di un bene archivistico e documentale,  non può essere separata dalla sua valorizzazione.
L’ideale, allora, dovrebbe tendere a rendere ‘superfluo’ o comunque minimale il restauro delle opere, privilegiando al contrario le attenzioni di carattere ambientale.






* Polisaccaride più abbondante in natura: costituisce la base di tutte le fibre vegetali.
La cellulosa presente in un foglio di carta è un materiale dalle proprietà chimico-fisiche già parzialmente alterate rispetto all’originale.
Nella cellulosa le varie catene di polisaccaridi sono associate tra loro attraverso legami idrogeno a formare delle micro-fibrille. Oltre a queste zone ordinate, ve ne sono altre, dette amorfe, dove le catene hanno un andamento casuale e disordinato.
** Gli insetti (anobidi) utilizzano il libro come terreno di nutrizione e di riproduzione traendone tutte le sostanze per il loro completo ciclo vitale e lasciando all’interno delle fibre della cellulosa residui filamentosi, enzimi, acidi e secrezioni che ne indeboliscono le fibre, o ancora sono all’origine di vere e proprie infezioni che si estendono pagina dopo pagina con il semplice contatto causando lacerazioni e lacune più o meno profonde ed estese.
*** Al contrario, l’acqua allo stato liquido ha un ruolo fondamentale nel definire le caratteristiche fisiche della cellulosa: un foglio di carta molto invecchiato, si presenta rigido, poco elastico e fragile perché eccessivamente disidratato. A volte può bastare una ‘semplice’ immersione in acqua alcalina per riportare il foglio di carta in condizioni simili a quelle originali.
**** L’idrolisi della cellulosa, ovvero la ‘rottura’ delle catene conseguente alla scissione del legame glucosidico, con relativa depolimerizzazione, è catalizzata dagli acidi, anche a temperature relativamente basse.
***** Alcuni processi di fabbricazione della carta in epoca moderna hanno accentuato l’acidità intrinseca del supporto, riducendo sensibilmente le aspettative di vita di un volume prodotto a partire dal XVII secolo, ovvero da quando la carta ottenuta dagli stracci è stata sostituita dalla pasta meccanica: ne consegue che i supporti più moderni derivati dalla pasta di cellulosa sono destinati ad avere vita più breve di quelli più antichi costituiti da pergamena o da carta a mano.






Bibliografia


Lorenzo Baldacchini, Il libro antico. Roma (Carocci Editore), 2001.
Biblioteca centrale della Regione siciliana, Il restauro del libro: itinerario didattico per le scuole. Palermo , 2001.
Gerhard Banik, Paolo Cremonesi, Ariane de La Chapelle, Letizia Montalbano, Nuove metodologie nel restauro del materiale cartaceo. Padova (Il Prato), 2003.
Dossier Le parole del restauro. La conservazione del patrimonio culturale in Emilia-Romagna, anno XXVI, numero 1, gennaio-marzo 2018. 
Istituto per  beni artistici, culturali e naturali della regione Emilia-Romagna, Oggetti nel tempo. Principi e tecniche di conservazione preventiva. Bologna (Clueb), 2007.
Marilena Maniaci, Archeologia del manoscritto. Metodi, problemi, bibliografia recente. Roma (Viella), 2002.



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